Il “costo” umano, sociale ed economico del calore nei luoghi di lavoro in Italia
Ciro Florio*, Francesco Bruno, Vincenzo Arnone
*consulenza@sirlav.it
Introduzione
Con l’arrivo dell’estate le temperature iniziano ad aumentare e con esse aumentano i rischi per milioni di lavoratori in tutta Italia. Il cambiamento climatico ha trasformato le ondate di calore in un fenomeno ricorrente, sempre più intenso e duraturo. Non si tratta solo di un disagio temporaneo: il caldo estremo impatta in modo diretto e misurabile sulla salute, sulla produttività e sulla sicurezza dei lavoratori, in particolare di coloro che operano all’aperto o in ambienti non climatizzati. In questo scenario, le misure preventive e protettive sul lavoro diventano una delle prime linee di difesa contro gli effetti del riscaldamento globale. Questo articolo divulgativo analizza l’impatto delle alte temperature sul mondo del lavoro in Italia, riportando dati, studi e strategie per la prevenzione.
L’effetto del caldo sulla salute dei lavoratori
L’esposizione a temperature elevate per periodi prolungati rappresenta un fattore di rischio significativo per la salute umana. Gli effetti possono essere acuti o cronici e variano da semplici malesseri a patologie gravi che possono mettere a rischio anche la vita.
Tra le condizioni più comuni ci sono:
- Colpo di calore: si manifesta con febbre alta, confusione mentale, perdita di coscienza; è una condizione potenzialmente letale che richiede un intervento medico immediato.
- Disidratazione: compromette l’equilibrio idroelettrolitico, influenzando negativamente le capacità cognitive, la concentrazione e la reattività.
- Crampi da calore e spossatezza: sintomi che pregiudicano le performance lavorative, aumentando il rischio di errori e incidenti.
Secondo l’INAIL, il caldo intenso può provocare un aumento del rischio di infortunio fino al 17.4% durante le ondate di calore. Inoltre, la tolleranza al calore diminuisce con l’età, il che rende particolarmente vulnerabili i lavoratori over 55.
Infortuni sul lavoro e caldo estremo: i dati italiani
Uno studio INAIL-CNR pubblicato su Environmental Research ha stimato che nel periodo 2014–2019 si sono verificati in Italia oltre 25.000 infortuni da calore, pari a una media di circa 4.272 casi all’anno. Tuttavia, gli effetti del cambiamento climatico stanno già aggravando questa tendenza. Secondo proiezioni basate su dati recenti, il numero di infortuni potrebbe aver superato i 4.850 casi nel 2024.
Il grafico mostra un trend in costante crescita, confermando la necessità e l’urgenza di adottare misure preventive più strutturate e tempestive.
Figura 1 – Andamento degli infortuni sul lavoro attribuibili al calore (2014–2024).
Il grafico mostra una crescita costante, passando da circa 4.300 casi nel 2014 a oltre 4.850 stimati nel 2024. Questo incremento evidenzia l’aggravarsi del fenomeno in relazione all’intensificarsi delle ondate di calore.
Impatto sulla produttività e sull’economia
Il calore non incide solo sulla salute: impatta direttamente sulla produttività. Le alte temperature, infatti, riducono la capacità lavorativa, specialmente in attività fisiche pesanti. Una ricerca INAIL ha calcolato una perdita di produttività del 6.5% per ogni grado di aumento della temperatura oltre i 20 °C per i lavori ad alto sforzo metabolico, raggiungendo, quindi, una perdita di produttività di circa l’80% per attività fisicamente impegnative. A livello globale, secondo il report Lancet Countdown (Romanello et al., 2022), nel 2021 sono andate perse 470 miliardi di ore lavorative a causa del caldo, con una perdita stimata pari allo 0.72% del PIL mondiale. In Italia, questo fenomeno si traduce in milioni di euro di mancata produzione.
Figura 2 – Perdita di produttività al crescere della temperatura ambientale.
Il grafico mostra la correlazione inversa tra temperatura e produttività lavorativa in attività ad alto impegno fisico. A partire dai 20 °C, ogni incremento di circa 2 °C comporta una progressiva riduzione della produttività, fino a raggiungere una perdita stimata di quasi l’8% a 32 °C. I dati illustrano come l’aumento del calore comporti un impatto diretto sulle prestazioni dei lavoratori, in particolare nei settori a elevata intensità metabolica, confermando le stime INAIL-CNR che indicano una riduzione media del 6.5% per ogni grado oltre la soglia ottimale. Questo tipo di stress termico, se non adeguatamente gestito, può generare inefficienze e aumentare il rischio di errori operativi e infortuni.
I costi sociali degli infortuni da calore
Il costo degli infortuni legati al caldo non si misura solo in vite umane e salute compromessa, ma anche in spesa pubblica e perdita economica. Lo studio INAIL-CNR stima costi complessivi per 292 milioni di euro nel periodo 2014–2019, ovvero circa 49 milioni di euro all’anno. Dati più aggiornati indicano un ulteriore incremento: nel 2024 i costi stimati superano i 60 milioni di euro, includendo spese sanitarie, assicurative e produttive.
Figura 3 – Costi annui stimati per infortuni da calore in Italia (2014–2024)
I costi totali associati sono saliti da circa 48 milioni di euro nel 2014 a circa 60 milioni nel 2024. Questo trend riflette l’aumento delle giornate a rischio, la maggiore incidenza di infortuni e l’impatto economico più ampio.
I settori più colpiti e i lavoratori vulnerabili
Le professioni più esposte sono quelle che prevedono lavoro all’aperto o in ambienti con scarso ricambio d’aria e senza sistemi di raffrescamento, in particolare:
- Edilizia e cantieri.
- Agricoltura e allevamento.
- Logistica, magazzinaggio e trasporto merci.
- Manutenzioni stradali e urbane.
Particolare attenzione deve essere data anche ai lavoratori degli stabilimenti balneari come bagnini, addetti ai lidi, manutentori di piscine e personale stagionale delle strutture turistiche all’aperto che risultano particolarmente vulnerabili agli effetti del microclima e delle alte temperature. La combinazione di esposizione prolungata al sole, elevata umidità relativa e carico fisico tipico di queste mansioni rappresenta un serio fattore di rischio per la salute. Secondo uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, il rischio di colpi di calore e disidratazione è significativamente più alto per chi lavora in ambienti esterni privi di adeguate zone d’ombra e con accesso limitato a punti di idratazione. L’efficienza e la vigilanza del personale addetto alla sicurezza balneare possono, inoltre, essere compromesse dal calore eccessivo con effetti potenzialmente gravi sul tempo di reazione in caso di emergenze in acqua. Alcune ricerche internazionali hanno inoltre evidenziato un aumento degli errori umani, della fatica cognitiva e dei tempi di recupero nei lavoratori sottoposti a esposizione solare diretta per oltre quattro ore consecutive, rendendo necessarie pause frequenti, idratazione continua e una pianificazione degli orari lavorativi che privilegi le ore meno calde della giornata. A tal proposito, si evidenzia anche che spesso i lavoratori migranti, stagionali o precari risultano ancora più vulnerabili per mancanza di formazione, assistenza sanitaria e dispositivi adeguati.
Gli studi scientifici
Negli ultimi anni, diversi studi scientifici hanno analizzato l’impatto del microclima e delle elevate temperature sulla salute e sicurezza dei lavoratori, nonché sulle conseguenze in termini di infortuni e produttività. Il progetto Adaptheat ha analizzato il legame tra ondate di calore e salute e sicurezza sul lavoro in Italia, sottolineando l’importanza del dialogo sociale nella gestione di questi rischi. Lo studio evidenzia come le elevate temperature possano aumentare il rischio di infortuni, soprattutto in settori come l’edilizia e l’agricoltura, e come sia fondamentale l’adozione di misure preventive concertate tra le parti sociali. Un’indagine condotta dal Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale ha rilevato che, durante i mesi estivi, i lavoratori agricoli sono spesso esposti a temperature che superano i valori limite di riferimento, indicando un rischio significativo per la salute. È emerso, inoltre, che molti lavoratori non ricevono un’adeguata idratazione durante i turni, con circa il 30% che beve acqua a temperatura ambiente e due terzi che assumono quantità insufficienti di liquidi. A livello europeo, il portale Climate-ADAPT dell’Agenzia Europea dell’Ambiente evidenzia che l’esposizione a calore estremo può compromettere la concentrazione, causare affaticamento mentale, disidratazione e aggravare patologie cardiovascolari e respiratorie. Questi effetti aumentano il rischio di infortuni sul lavoro, soprattutto per i lavoratori all’aperto in settori come l’agricoltura, l’edilizia e i trasporti. In sintesi, la letteratura scientifica recente conferma che l’esposizione a elevate temperature nei luoghi di lavoro rappresenta un rischio significativo per la salute e la sicurezza dei lavoratori, con ripercussioni concrete anche sulla produttività. È fondamentale, quindi, che le aziende adottino misure preventive adeguate basate su evidenze scientifiche e frutto di un dialogo costruttivo tra tutte le parti coinvolte.
Strategie di prevenzione e adattamento
L’adattamento al cambiamento climatico nei luoghi di lavoro richiede un approccio integrato e basato anche su evidenze scientifiche. Si riportano alcune misure prioritarie:
- Riprogrammare gli orari di lavoro, privilegiando le ore più fresche e introducendo pause frequenti nei turni.
- Accesso all’acqua potabile e aree ombreggiate, essenziali per prevenire la disidratazione.
- Formazione continua su rischi da calore, sintomi di allarme e comportamenti da adottare in caso di emergenza.
- Utilizzo di strumenti previsionali come quelli del progetto Worklimate 2.0, per stimare il rischio WBGT (Wet Bulb Globe Temperature*) in tempo reale e orientare le decisioni operative.
(*Il WBGT è un indice che serve a stabilire se in una determinata situazione è possibile escludere la presenza di un rischio termico da caldo, calcolato con una media di due o tre temperature ponderate con opportuni coefficienti.)
Le aziende devono includere il rischio da calore nella valutazione dei rischi prevista dal D.Lgs. 81/08 e aggiornare il DVR e le misure di prevenzione con criteri climatici.
Il ruolo della normativa e la responsabilità del datore di lavoro
La normativa italiana impone al datore di lavoro l’obbligo di proteggere la salute e la sicurezza dei propri dipendenti. In presenza di alte temperature il rischio microclimatico rientra a pieno titolo tra i fattori da valutare. Ignorarlo significa esporsi sì a sanzioni, ma soprattutto a responsabilità morali e civili in caso di incidente.
Conclusione: agire subito per proteggere lavoratori e futuro
I dati parlano chiaro: il caldo estremo non è più un’eventualità, ma una costante. I lavoratori italiani, in particolare quelli dei settori all’aperto, pagano il prezzo più alto. Serve un cambio di paradigma: non è più sufficiente adattarsi alle temperature, bisogna anticiparle.
Ai datori di lavoro si rivolge un invito concreto e urgente: rivalutare oggi stesso i rischi da stress termico e adottare tutte le misure di prevenzione e protezione necessarie. Proteggere i lavoratori dal caldo significa proteggere la salute, la continuità aziendale e il tessuto sociale stesso.
Fonti principali:
- Marinaccio, A., et al. (2025). Environmental Research. DOI: 10.1016/j.envres.2025.03.001
- Binazzi, A., et al. (2019). Environmental Research. DOI: 10.1016/j.envres.2018.10.020
- Fatima, Y., et al. (2021). The Lancet Planetary Health. DOI: 10.1016/S2542-5196(21)00087-6
- Romanello, M., et al. (2022). The Lancet. DOI: 10.1016/S0140-6736(22)01540-9
- Dunne, J.P., et al. (2013). Nature Climate Change. DOI: 10.1038/nclimate1827
- INAIL-CNR (2024). Progetto Worklimate 2.0
- DEP Lazio (2024). Studio epidemiologico sugli infortuni da calore in Italia
- INAIL (2021). Linee guida su stress termico e DVR
- Bonafede, M., et al. (2025). Environmental Research. DOI: 10.1016/j.envres.2025.01.001
- Errico, E., & Di Nunzio, D. (2024). Fondazione Di Vittorio Working Paper.
- Regione Emilia-Romagna. (2021). La prevenzione del rischio da stress da calore negli ambienti di lavoro.
- Agenzia Europea dell’Ambiente. (2023). Climate-ADAPT: Effetti sulla salute e la sicurezza sul lavoro.
- Morabito, M., et al. (2023). International Journal of Biometeorology. DOI: 10.1007/s00484-023-02431-6
- De’ Donato, F., et al. (2022). International Journal of Environmental Research and Public Health. DOI: 10.3390/ijerph19116653
- Kjellstrom, T., et al. (2019). Industrial Health. DOI: 10.2486/indhealth.2018-0190